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Tokyo

E’ una mattinata di agosto, calda e afosa, quando facciamo il nostro arrivo a Tokyo. Sembra quasi di essere entrati in una sauna da quanto l’aria è densa e soffocante. Dopo un viaggio aereo di più di dodici ore non è proprio il massimo e il piacere si mescola alla sofferenza. Cerchiamo un’oasi di ombra sotto gli alberi del parco di Ueno, fra piccoli e graziosi templi che non visita quasi nessuno. Ancora migliore si rivela il museo di storia nazionale in cui, fra abiti da samurai, porcellane, armoniose calligrafie, troviamo il refrigerio di un po’ di aria condizionata che ci rilassa e assopisce i nostri stanchi sensi. Solo dopo una dormita rifocillante, la prospettiva cambia un po’, anche se il caldo della metropoli giapponese è sempre opprimente.  Ma è un effetto collaterale di fronte al turbine che ci investe.

Tokyo si dipana di fronte ai nostri occhi come un enorme mostro  fagocitante:  dall’alto  della  Sky Tree,   punto  di  osservazione  privilegiato a 600 metri di altezza, un’infinita distesa di case, grattacieli e palazzi prende vita. Sembra non esserci soluzione di continuità, tranne qualche raro spazio verde e il mare in fondo sull’orizzonte, niente è in grado di arginare questa onda di cemento, asfalto, vetro e metallo. Dal basso la scoperta si fa più viva e interessante, perché cominciamo a cogliere differenze e peculiarità dei vari quartieri che suddividono il centro cittadino, sempre che di centro si possa parlare. Un agglomerato urbano così esteso, comporta l’assenza di un solo nucleo pulsante, al cui posto prendono vita tanti differenti cuori pieni di energia, luce, persone. Impossibile scoprirli tutti, bisogna fare una scelta, definire le priorità. 

Tokyo sky tree view

Partiamo da Tsukiji, per camminare tra le bancarelle del mercato del pesce più grande del mondo e gustare il sushi più fresco del pianeta, e per prendere parte alla tradizionale cerimonia del the, inginocchiati sul tatami di una casetta in legno immersa in un piccolo e delizioso parco circondato da alti grattacieli. 

Tokyo - rito del the
Tokyo

bella mostra del loro nome su vetrine e palazzi, fra avveniristiche architetture con forme solide  e  al tempo stesso  sinuose,  e alla fine al cospetto del giardino imperiale, mentre il sole tramonta sulle placide acque che circondano le mura del palazzo. Per finire la serata fra le luci al neon, il fracasso e la stravaganza di Akhihabara, piena zeppa di sale giochi, negozi di anime e manga e ristoranti di maid, giovani ragazzine in sexy divisa liceale, pronte a servire gli avventori alla stregua di padroni. 

Tokyo - sushi

Ci spostiamo a Ginza, fra le vie dello shopping  con i marchi  più famosi a fare 

Tokyo - Akhihabara

Si ricomincia poi con Roppongi, il cui cuore è la Roppongi Hills, uno svettante grattacielo autosufficiente, dentro il quale si può trovare di tutto: ristoranti, negozi, banche, uffici, musei e una vista mozzafiato dal tetto di questo che è uno degli edifici più alti della metropoli asiatica, mentre l’aria calda ti accarezza dolce la pelle e il rumore cittadino è in goiato dalla distanza. Facciamo tappa a Shibuya, dove il viavai è così intenso da creare il fenomeno ormai turistico del passaggio pedonale più affollato del mondo: un brulicare di persone che invade la carreggiata allo scattare del verde, dando vita ad una coreografia corale di incastri perfetti. 

E quando la notte si avvicina ci spostiamo a Shinjuku, dove altre luci al neon illuminano a giorno la strada e locali di ogni tipo, dalle birrerie ai night club, attirano le più di sparate clientele, alla continua ricerca di svago e allegria. E questa è Tokyo, eccessiva e immensa, dispersiva e ultramoderna, seducente e caotica. 

Tokyo - Shinjuko

Ma il Giappone è anche altro ed allora eccoci sul nostro primo Shinkansen, treno super veloce dalla forma affusolata e aerodinamica. Prima sosta è Hakone, villaggio fra le colline, porta d’accesso privilegiata per godere della vista del monte Fuji. 

Ma il Giappone è anche altro ed allora eccoci sul nostro primo Shinkansen, treno super veloce dalla forma affusolata e aerodinamica. Prima sosta è Hakone, villaggio fra le colline, porta d’accesso privilegiata per godere della vista del monte Fuji. 

Hakone
Hakone

Un altro treno ci porta a Kyoto, l’antica capitale del paese e perciò custode della storia e della tradizione del popolo giapponese. La bellezza della città si manifesta alle sue periferie, dove si distendono templi bellissimi: semplici oasi di pace e meditazione, edifici tradizionali disseminati di tatami, dove potersi sedere, contemplare i magnifici giardini e godere dalla loro assoluta perfezione. 

Ma niente va come deve e mentre il primo giorno è una fitta e densa nebbia a impedirne la visuale, il secondo ci pensano grigie nuvole basse a completare l’opera. Meno male che da uno dei tanti grattacieli di Tokyo avevamo scorto il suo inconfondibile profilo, in un fantastico tramonto, altrimenti sarebbe stata una disfatta totale. Ci consoliamo con un museo di arte contemporanea a cielo aperto, passeggiando fra opere meravigliose e stimolanti, misteriose e luccicanti. 

La magia di questi luoghi è di quella che rapisce, ipnotizza, sembrano angoli di mondo fuori dal tempo, sospesi in un silenzio carico di spiritualità, in una semplicità che da nutrimento al cuore. Legno, acqua, muschio, canne di bambù giganti e pietre distese in un mare di ghiaia pettinata sono gli scenari che ci avvolgono in questa esperienza meravigliosa e molto giapponese. Qui si pratica il buddismo zen, mentre i santuari shintoisti hanno tutt’altra atmosfera e un’architettura completamente differente. Il colore dominante è il rosso che si posa sui templi, le pago degli imponenti e in confondibili torii, che rappresentano l’accesso all’area sacra del luogo. 

Sono una meraviglia anche le strette stradine costeggiate da splendidi edifici in legno, che ospitano negozietti, gallerie d’arte, ristorantini. Come quello elegante e luminoso dove si infilano tre giovani geishe, viso spalmato di bianco, abiti tradizionali di deliziosa foggia e un alone di leggenda che ci fa provare l’emozione di viaggiare attraverso i secoli. 

Kyoto
Kyoto
Kyoto
Kyoto

All’interno folle sciamanti si dedicano al culto suonando campane, ascoltando le preghiere dei monaci, porgendo offerte alle tante statue di Buddha disseminate dentro e fuori dal santuario. Insomma un’atmosfera opposta a quella dei luoghi di culto buddhisti, più rumorosa e disordinata, ma altrettanto interessante perché anche qui i giapponesi aprono il loro cuore alla religione e si mostrano autentici e puri. 

Kyoto è questa, storia, passato e tradizione, concentrata sui suoi confini naturali ai piedi di verdi colline. Il centro vero e proprio invece è decisamente brutto, ed è una cosa con cui impareremo a convivere durante il percorso. 

Anzi meglio affrettarsi, perché la coda di un tifone inizia a flagellare la città, vento e pioggia rendono impossibile qualsiasi tentativo di scoperta, meglio cercare un treno e fuggire verso Nara. E ritrovare per incanto una magia fatta di luci, di piccole fiamme che danzano per le vie della città, fra i prati, fino alla visione strabiliate del grande tempio buddhista, interamente costruito in legno e sorvegliato da minacciosi guardiani dall’aria truce. Il bel tempo oggi ci accompagna con la luce del sole tutto sembra anche più bello. L’immenso tempio ci apre le sue porte e dentro un’altra meraviglia ci squadra sorniona: è la statua del Buddha in bronzo più grande del mondo, un colosso di quattro metri che trasmette pace e serenità. Un ossimoro che ci spiazza e affascina. 

Nara
Horyu

Tutta l’area templare di Nara è deliziosa, ideale per perdersi girovagando senza meta per il gigantesco parco che la ospita e lasciandosi sedurre dall’improvvisa apparizione di nuovi edifici. La cosa bella è che in questo enorme complesso convivono santuari buddhisti e shintoisti, una fratellanza religiosa di cui questo paese va giustamente fiero e che dovrebbe essere da esempio a chi innalza vessilli insanguinati in nome della fede. 

Horyu

Un piccolo treno ci trasporta poi fino a Horyu, una sonnolenta cittadina di provincia che custodisci uno dei gioielli meglio conservati del Giappone. Si tratta di un antico luogo di culto, che data dodicesimo secolo,  interamente  edificato  in legno,  compresa la 

magnifica pagoda di cinque piani. Un luogo silenzioso e intimo, sola poca gente a percorrerne il cortile e gli ambienti, perfetto per ritrovare quel senso di piccolo, privato che si rischia di smarrire nelle grosse metropoli. Ne godiamo a pieno, osservando con calma le minuziose decorazioni, le serafiche statue del Buddha, la semplicità, la calligrafia, la pura ricerca di perfezione formale. 

E viene tardi, comincia quasi a imbrunire, dobbiamo correre, altrimenti rischiamo di fare tardi alla prossima destinazione. Il rischio diventa concreto quando ci perdiamo fra le tentacolari stazioni di Osaka, poi tutto si sistema e arriviamo a Okayama che il cielo è già buio. Complicata città questa Okayama, perché qui l’inglese sembra bandito, dalle insegne ai menù dei ristoranti è tutto un susseguirsi di enigmatici ideogrammi. Come già in altre occasioni, ci vengono in aiuto le foto e allora, con lo scoglio dell’incomunicabilità a frapporsi fra noi e gli altri, non resta altro che affidarsi al regno dei gesti, indice in resta e via si sceglie la cena. Quello che arriverà poi è un altro discorso. 

Okayama è innanzitutto base perfetta per raggiungere Naoshima. Il motivo per cui andare su quest’isola, fra le centinaia che costellano il mare interno giapponese, è che si tratta di un immenso spazio dedicato all’arte contemporanea. Una galleria continua dove venire a contatto con opere bizzarre e innovative, dalla geniali intuizioni del coreano Lee Ufan alle squadrate geometrie in cemento di Ando, fino alle colorate zucche di Yayoi Kusama, sparse un po’ ovunque. Un’intera giornata dedicata all’arte, e non è la prima volta che capita, davvero stimolante questo Giappone! 

Naoshima

Okayama invece è famosa per il nero castello che domina una collina sul fiume e soprattutto per uno dei tre giardini paesaggistici più belli del paese. Oasi di pace, perfezione e incanto, l’uomo che modella la natura, esaltandone il potenziale di bellezza, ecco cosa sono i giardini giapponesi, e questo di fronte a noi è un vero incanto. Un colpo d’occhio lo avvolge per intero: prati, laghetti, alberi minuziosamente potati e piccole case in legno scuro a punteggiare gli spazi. 

Okayama
Okayama libellula

Dall’alto di un piccolo colle, l’unico del giardino, abbracciamo un paesaggio sublime, fatto di silenzio composto e devozione al lavoro. Ci sono persino alcuni giardinieri intenti ad occuparsi del muschio! Abbandonare questa oasi di pace è difficile, ma un altro treno ci aspetta per condurci nella vicina Kurashiki. 

Come al solito l’ arrivo in stazione non è dei più felici: strade larghe e palazzoni coprono il panorama visibile e nulla fa presagire quello che in realtà siamo venuti a vedere. Basta però una breve passeggiata e ci ritroviamo immersi in un Giappone d’altri tempi, lungo un placido canale su cui si affacciano verdi salici, i quali gettano le loro frastagliate ombre su piccole case in legno piene zeppe di artigianato locale. Un ambiente magico ci avvolge, mentre sottili imbarcazioni solcano leggiadre l’acqua del canale, senza nemmeno incresparla. Siamo al cospetto di un paese che non c’è più, una fetta di passato giunta intatta fino ad oggi. Cerchiamo di goderne a pieno, perché è cosa rara nel Giappone odierno ritrovarsi al cospetto di un intero quartiere completamente conservato e per di più così bello da sembrare finto.

Kurashiki

E poi di nuovo in marcia, l’ennesimo Shinkansen ci trasporta nella sua soffusa e confortevole atmosfera fino a Hiroshima, il punto più a sud  del nostro viaggio. Facile capire che cosa ci abbia spinto fin qui, il nome è troppo evocativo per non essere impresso nelle menti di chiunque. Ma il primo giorno in città decidiamo di lasciarla temporaneamente per raggiungere, su di uno strapieno traghetto, Miyajima. 

Miyajima tori

Molto affollata questa piccola isola, ci sono turisti dappertutto e sono quasi tutto giapponesi. E per la verità, proprio per la loro nazionalità, sono piuttosto rumorosi e scomposti. Forse perché oggi anche per loro è un giorno di evasione, di vacanza, anche se in fin dei conti questo è un luogo sacro, con un grosso torii rosso nell’acqua che ne determina l’accesso. E’ un pellegrinaggio caotico quello a cui assistiamo, ma d’altronde per questo popolo è normale così, vivere con empatica gioia la religione, cogliendone i lati più luminosi e positivi. Impossibile non lasciarsi contagiare e gettarsi nella mischia. Facciamo un giro in barca per osservare da vicino l’imponente torii e i suoi riflessi che danzano sull’acqua, visitiamo splendidi templi in legno, disseminati di grossi cucchiai e buffi personaggi di ogni genere, di lampade accese e cilindri rotanti ricoperti di preghiere. E’ un mondo strano e affascinante quello che ci disvela quest’isola, sormontata da alti rilievi che si perdono nella nebbia, mentre la marea trascina l’acqua lontana dalla riva, lasciando all’asciutto, in balia della gente, il torii rosso. 

Miyajima

Una giornata di pura evasione è quello che ci vuole, per prepararsi psicologicamente ad affrontare la tragedia di Hiroshima. Perché il cuore della città è tutto lì, nel grande parco della Pace, lì dove un tempo giacevano case e palazzi, proprio a due passi da dove l’atomica è deflagrata, trascinando via con sé ogni cosa e persona. Solo lo scheletro del Palazzo della fiera commerciale rimane ancora ostinatamente in piedi, come eroico vessillo a imperitura memoria di quanto accaduto. 

C’è un’atmosfera di profonda tristezza e compassione che aleggia nell’aria, ma si respira anche potente la forza disperata che spinge a reagire, a rimettersi in piedi.

Hiroshima atomic clck

E’ una giornata dura, difficile, ma necessaria. Perché noi vogliamo sapere, vogliamo capire, vogliamo conoscere l’inferno di fuoco, aria e radiazioni che si è abbattuto su questa città. A volte viaggiare è anche questo: trovarsi di fronte luoghi intrisi di tragedia, luoghi importanti, luoghi con cui confrontarsi. Luoghi che sanno farti crescere e migliorare, e non bisogna averne paura. Dalla finestra della nostra camera d’albergo, al cinquantaduesimo piano, salutiamo Hiroshima, che ci ha regalato grandi emozioni, mentre le luci della città si accendono ad una ad una, trasformando il grigio skyline in una distesa iridescente. 

Hiroshima

Di nuovo rotaie sul nostro cammina, questa volta  dirette verso nord, verso la città di Kanazawa. E’ un lungo trasferimento, che ci concede il lusso di abbandonarci alla lettura, buttando ogni tanto lo sguardo fuori dal finestrino per ammirare come muta il paesaggio. 

C’è perfino un quartiere dove un tempo abitavano le geishe, con le sue deliziose case in legno, le porte scorrevoli e il rito del tè che si protrae nel tempo sempre uguale ed affascinante. Ma ancora una volta la perla è un giardino. Uno dei tre giardini paesaggistici più belli del Giappone, scrivono sulle guide. Ed infatti sembra quasi un luogo incantato. 

Kanazawa zen suzuki
Kanazawa geisha
Kanazawa

Kanazawa è un’altra grossa città con le immancabili strade ampie e grattacieli, ma ha ben più di un motivo per affascinare il viaggiatore. Innanzitutto l’affascinante museo Suzuki, dedicato al famoso maestro zen che affascinò l’occidente. Tutto dentro è semplice ed essenziale, uno spazio espositivo minimalista che si presta alla contemplazione, ammirando la pioggia che disegna anelli danzanti sul pelo dell’acqua. Anche l’arte contemporanea ha il suo spazio e ci riporta a contatto con un Giappone moderno e fantasioso, sempre lanciato alla ricerca di nuovi mondi da esplorare. 

La peculiarità è la presenza di uno spazio scenico centrale, dove casette e alberi si riflettono vanitosi su un immobile specchio d’acqua e poi tanti differenti scorci, delimitati da una vegetazione più fitta e avvolgente. 

Siamo ormai alla fine del viaggio e come epilogo, dopo tante città, avevamo deciso di immergerci in una realtà più rurale. Ma l’imprevisto è sempre dietro l’angolo e si manifesta sotto forma di una abbondante pioggia che gonfia i fiumi e taglia i collegamenti. Il treno non può andare oltre, tocca tornare indietro. E allora non ci resta che mettere la parola fine su questo viaggio meraviglioso e pieno di sorprese e tornare a casa con un bel bagaglio di ricordi e tanti buoni motivi per tornare. 

Arrivederci Giappone e arigato!

Ogni tanto godiamo anche di quella solitudine che amplifica la percezione di quanto ci circonda, godendoci la vista di un piccolo corso d’acqua che sbuca da sotto un ponticello di legno ed avanza avvolto da un caldo abbraccio tutto verde. 

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