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Spot dal Giappone

Ma qual è il prezzo di tanta efficienza?

Tokyo, grattacielo Roppongi Hill. L’ascensore sale veloce e quando le porte si aprono una gentile inserviente accoglie chi arriva, indicandogli la biglietteria. Acquistati i biglietti per la vista panoramica e per il museo d’arte, la signorina dello sportello indica la direzione lungo i cordoni. Svoltato l’angolo ecco un’altra ragazza, in divisa similmente alle precedenti, che li accompagna oltre il metal detector. Quindi un’altra giovane gli sorride e s’inchina anch’essa, facendo attendere l’arrivo per l’ultimo ascensore. All’interno una nuova inserviente si premura di premere il tasto del piano prescelto ed all’arrivo al cinquantaduesimo piano l’ennesima dipendente li saluta e suggerisce la direzione della visita.

Tokyo, una fermata qualsiasi della metropolitana ad un’ora qualsiasi del giorno.

Uomini e donne, rivestiti nell’anonima divisa da impiegato (scarpe nere, pantaloni/gonna nera, camicia bianca e ventiquattrore), si muovono nei corridoi come in branco, tenendo simultaneamente tutti la destra o la sinistra secondo le indicazioni, immersi in una corrente umana in cui nessuno corre il rischio di scontrarsi con i passeggeri provenienti dalla direzione opposta. Pochi parlano, o meglio bisbigliano rigorosamente a voce bassa, mentre molti sguardi sono fissi sugli schermi dei più moderni cellulari, tutti tenuti silenziosi come da regolamento affisso.

Tokyo, Stazione Centrale, ore 12.55.

Lungo i binari si sono formate a distanza regolare colonne di uomini e donne in attesa, disposti ordinatamente l’uno dietro l’altro, lungo i segnali orizzontali sulla banchina.

Ore 12.57. Un ferroviere in divisa immacolata fa capolino e comincia a scrutare l’orizzonte, mentre gli ultimi viaggiatori prendono posto in coda alle file.

Ore 12.59. Rapido e silenzioso il treno shinkansen fa la sua comparsa: arriva e si ferma facendo coincidere precisamente le proprie porte dinanzi ai passeggeri in attesa. Questi lasciano scendere e poi salgono nel vagone assegnato e in pochi istanti raggiungono il proprio posto prenotato, voltano i sedili in direzione del viaggio e si accomodano, mentre il treno (sono ormai le 13.00, ora di partenza) già chiude le porte e si dirige  rapido e silenzioso verso la prossima stazione.

Nella capitale, come in ogni altro angolo del Giappone che abbiamo visitato, le scene sopra descritte si ripetono: i mezzi di trasporto sono tutti in orario, i passeggeri tengono un comportamento estremamente civile e silenzioso, chiunque svolga una mansione a diretto contatto col pubblico si mostra sempre sorridente e si dimostra gentile, disponibile, affabile e preciso. Sembra un altro pianeta... Impossibile trovarli alle prese con atteggiamenti irrazionali, perché anche quei comportamenti che ad un viaggiatore occidentale possono apparire bizzarri, sono in realtà parte integrante della normale way of life nipponica, con le loro regole sociali e le più o meno radicate tradizioni. Che si tratti di un giardiniere con i piedi a bagno in un ruscello del giardino di Kanazawa, tutto intento a scopar via i sedimenti terrosi dai ciottoli immersi nell’acqua per mantenere la pura eleganza visiva... oppure di un gruppo di impiegati ancora incravattati che dopo il lavoro si muovono quasi impazziti – ed anche per ore – davanti alle luci e ai ritmi dei più moderni videogiochi ad Akyhabara, Tokyo... Tutti procedono come tanti ingranaggi perfetti che insieme muovono un paese altamente efficiente. Tutti compiono azioni dal sapore rituale, ciascuno impegnato nell’interpretare al meglio il ruolo che la vita gli ha assegnato: la posizione che hanno raggiunto seguendo rigidi schemi, le relazioni sociali che hanno intessuto seguendo un’etichetta che disciplina come svolgere ogni azione, dal bere una tazza di tè all’utilizzare il livello verbale consono al proprio interlocutore. E’ affascinante trovarsi in una realtà così attenta e precisa, specie se si proviene da un paese come il nostro, in cui tutto sembra figlio dell’approssimazione e della negligenza. Ma qual è il prezzo di tanta efficienza?

I modi garbati nascono forse dalla certezza del conoscere le reazioni del prossimo, dalla tranquillità nel sapere che ciascuno si comporta secondo le regole, con altrettanta gentilezza e scrupolosità. Da qui nasce la grande disponibilità che riconosce subito qualsiasi viaggiatore, non appena entri in contatto con questo popolo. E’ quasi impossibile che un giapponese dica di no ad una richiesta, ed il venir meno ad un compito o ad un impegno assunto è vissuto come un’onta, con un profondo dispiacere interiore e senso di sconfitta. L’errore e il disonore – quest’ultimo inteso non tanto e solo in senso collettivo, ma quale reazione intima individuale – camminano a braccetto e perciò l’impegno verso un risultato corretto è ciò a cui tendono le azioni di ognuno. Questa dedizione si manifesta ad esempio nella cura estetica dei loro giardini, siano essi i pochi metri quadrati di verde sotto casa o gli ampi parchi cittadini. Ogni dettaglio è studiato con cura: l’accostamento delle piante è scandito dai colori che le stesse assumeranno nel corso delle stagioni e dalle forme che potranno assumere con una costante opera di potatura, la presenza dell’acqua e delle lampade in pietra s’inserisce armoniosamente nel paesaggio e lo sguardo di chi osserva deve poter gioire della visione d’insieme come del più piccolo particolare. Così anche ogni dettaglio della vita ed ogni impresa quotidiana sembrano figli della comune tensione verso la riuscita, di una spinta collettiva così attenta ai bisogni della società che rischia di non soddisfare i bisogni dei singoli cittadini, degli individui. Osservando le masse di impiegati che camminano e si affrettano per le città, tutti vestiti alla stessa maniera, tutti ugualmente ordinati, si ha l’impressione di vedere la versione contemporanea delle masse d’operai di Metropolis, che incedono l’uno dietro l’altro meccanicamente, e viene spontaneo chiedersi se la loro spinta a far carriera in fretta sia realmente frutto della volontà e del giudizio critico personale o non segua piuttosto strategie che assomigliano a procedure aziendali ed obiettivi imposti dalla società. In mezzo a tanto conformismo viene istintivo chiedersi che spazio sia lasciato alla spontaneità, alla creatività e alla fantasia, che sembrano sepolte dal mare di pubblicità e accecate dalla pioggia colorata dei neon lampeggianti che rischiarano le notti. Si lavora almeno per dieci ore al giorno, quando non sono dodici o perfino di più, spesso lontani più di un’ora da casa, per sei giorni alla settimana e con pochissime ferie, per cui il cosiddetto tempo libero, così caro a noi occidentali, si riduce ad una quantità irrisoria. Anche a causa di questi grossi sacrifici lo stress può raggiungere picchi pericolosi, al punto che una delle cause registrate di morte fra gli impiegati di quarant’anni in carriera è l’infarto da stress, che uccide ogni anno molte persone. L’eccessivo affaticamento porta ad esaurimenti nervosi e non sono rari i suicidi, al punto che i box hotel delle metropoli, in cui risiedono i pendolari, hanno stanze alte 1 metro, appositamente per limitare il rischio di decessi. Questo è certamente l’aspetto più drammatico della realtà nipponica, dove la tensione al risultato genera lo sfinimento in chi non riesce come la società gli ha richiesto, in chi inciampa nella corsa al successo. Quando gli schemi saltano, quando qualcosa non funziona ed un imprevisto intralcia le usuali procedure e abitudini, quello è l’unico momento in cui le reazioni dei giapponesi diventano imprevedibili. E’ osservabile anche nelle piccole cose, nella quotidianità: durante il nostro viaggio li abbiamo involontariamente messi alla prova in un paio di occasioni, ad esempio una mattina abbiamo sbagliato l’inserimento del pin durante un pagamento, cosa da poco solo all’apparenza. Anziché annullare la transazione ormai bloccata e ricominciarla, il panico ha preso possesso del cordiale commesso, che ha passato alcuni minuti a proporre soluzioni alternative, scusarsi, dispiacersi, riproporre altri metodi ed infine accettare di riprovare e tirare un gran respiro di sollievo all’emissione dello scontrino! Da tante piccole esperienze abbiamo potuto intuire uno dei lati reconditi dietro all’efficienza generale: proprio perché tutto è sempre preciso e funzionale, e non c’è spazio all’improvvisazione, quando capita un inconveniente qualsiasi si trovanoin difficoltà, e di fronte alla mancata applicazione di una procedura o di un’abitudine vince l’empasse. Vedere la tranquillità data dal sapere che tutti si comportano secondo le regole è una meraviglia, ma l’ espressione di stupore che deforma i volti sorridenti dei giapponesi difronte all’imprevisto è ancora più deliziosa!

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