Gli Stati Uniti d’America sono ancora oggi la maggiore potenza mondiale, ma hanno le carte in regola per mantenere la supremazia?
Hanno ottenuto il loro scettro a seguito del declino delle potenze europee, con la Prima e ancor più la Seconda Guerra Mondiale, ed hanno consolidato il potere con la spaccatura fra est e ovest, comunismo e capitalismo, chiamata Guerra Fredda perché giocata più sul piano delle potenzialità dei contendenti, che sul reale campo di battaglia (tranne in scacchieri limitati, quali il Vietnam, la Corea, l’Afghanistan). Poi, con la caduta del muro di Berlino e la scomparsa del “pericolo sovietico”, si sono reinventati: da una delle due parti in causa ai signori della terra.
Il progresso scientifico e lo sviluppo tecnologico, l’irradiamento culturale e l’egemonia dell’inglese hanno consolidato i due pilastri del successo statunitense: la supremazia economica e militare. Lo status forte del dollaro nei mercati mondiali è legato indissolubilmente alla strategia bellica, in quanto è proprio la supremazia delle armi a farne il rifugio garantito del risparmio planetario, e dal ricavato la geopolitica americana trae il suo nutrimento. Questa situazione di vantaggio è ovviamente d’interesse vitale ed è necessario difenderla, specie da quando, negli ultimi vent’anni, si è sviluppata una guerra infinita al terrorismo (figlia anche di precedenti tattiche infelici in quegli stessi paesi i cui popoli oggi si rivoltano) e l’ascesa cinese verso la leadership economica mondiale ha raggiunto l’obiettivo di superare gli USA proprio quest’anno.
Guardando agli Stati Uniti oggi non sembra però che ci siano strategie d’azione vigorose e condivise, anzi: troppo spesso leggiamo notizie di scontri interni su qualsiasi questione, con il Congresso che ferma per mesi e modifica ogni proposta. Giusto per fare un esempio di cui tutti abbiamo sentito parlare, c’è stato il caso della riforma sanitaria (l’“Obamacare”), che in fase di progetto voleva garantire un’assicurazione a tutti i cittadini, ma in realtà ha lasciato ancora milioni di americani con bassi redditi senza alcuna polizza. Analizzando i centri di potere della federazione (il Presidente col potere esecutivo, il Congresso con il legislativo e la Corte Suprema con il giudiziario), troviamo una serie di aspetti che non funzionano, vediamoli nel dettaglio.
Innanzitutto il Presidente, figura che attraverso i mezzi di comunicazione percepiamo importante e potente, che immaginiamo nella stanza ovale a decidere le sorti del globo, e che in realtà ha una funzione decisamente contenuta. I Padri Fondatori, per evitare rischi di arbitrarietà e tirannia, gli hanno legato le mani con la Costituzione assegnandogli un ruolo limitato e controllato: egli non è il governo, anzi la gran parte delle sue mansioni più importanti sono legate alle decisioni prese dal Congresso, sia quando si tratta di stipulare accordi internazionali e di ricevere ambasciatori sia per le nomine di diplomatici, giudici e pubblici ministeri. Autonomamente può concedere la grazia o sospendere le pene, suggerire ai parlamentari le leggi da approvare e, nel caso in cui il Congresso dichiari guerra, può scegliere il Comandante in Capo. In ogni caso adotta le sue decisioni non da solo, ma col supporto esclusivo di una cerchia di funzionari non eletti, di cui l’opinione pubblica ignora i nomi, le storie e gli interessi. Tutto sommato poca cosa rispetto all’importanza mediatica mondiale che ogni quattro anni hanno le elezioni di questa figura.
Veniamo quindi al vero centro del potere, il Congresso appunto, in cui si incontrano gli interessi dei cittadini, delle aziende, degli stati e degli oligarchi. Ciascuno stato ha diritto ad eleggere un certo numero di parlamentari, secondo una normativa di assegnazione che viene modificata periodicamente a favore della fazione in quel momento maggioritaria, e secondo un processo elettorale sempre più dominato dai finanziamenti stellari ai partiti. Infatti da quando nel 2010 sono stati eliminati i tetti alle sovvenzioni, la ricerca dei fondi necessari per la campagna elettorale è diventata l’attività principale dei candidati. Gruppi privati e individui ricchissimi hanno oggi il potere di decidere sull’andamento della democrazia più dei partiti, giungendo addirittura a sostituirli nella scelta della classe dirigente, perché ai candidati conviene più il sostegno dello sponsor che quello del partito.
Se i soldi non bastano per vincere, sicuramente hanno un forte impatto politico, perché influenzano il dibattito inserendo tematiche utili al tornaconto del donatore, minando la trasparenza del processo decisionale e rischiando di aprire la strada a persone e aziende straniere (che con una società di facciata possono far penetrare tutta la propria influenza). In fin dei conti a gestire il sistema politico sono una ristretta elite di oligarchi e grandi famiglie (pensiamo solo a quanti membri della dinastia Bush sono stati al potere, ed un altro ha già iniziato l’iter per la candidatura alla prossima tornata elettorale), complici l’insofferenza generale dell’opinione pubblica per la politica e la bassa affluenza alle urne.
Intorno ai parlamentari si muovono una miriade di personaggi, i lobbisti: categoria professionale garantita dal Primo Emendamento per creare pluralismo e definita nelle sue caratteristiche da una normativa specifica, che ne vorrebbe indicare l’etica. Si tratta di agenti di pressione, spesso ex burocrati e congressisti, che svolgono le loro funzioni nell’interesse dei clienti: realizzano analisi e studi su cui deputati e senatori formano le loro opinioni, redigono proposte di legge, guidano i congressisti neoeletti, realizzano incontri fra parlamentari di partiti diversi, segnalano l’apprezzamento e il malcontento delle grandi aziende, fanno da intermediari fra oligarchi e candidati, consigliano presidente e ministri, mobilitano gli elettori con campagne di pressione su determinati argomenti. Insomma, sono i detentori di un potere inossidabile e opaco, perché muovendosi dietro le quinte non hanno responsabilità politiche né personali sulla corruzione e la compravendita di leggi che generano.
Un altro grosso problema del Congresso oggi è la polarizzazione dei partiti: la possibilità di raggiungere compromessi è ai minimi storici, le modifiche alle procedure hanno minato il processo legislativo ed entrambi gli schieramenti non si fanno scrupoli di usare i cavilli dei regolamenti per negare all’opposizione un vero dibattito. Ci sono meno audizioni e riunioni delle commissioni, le leggi spesso sono scritte e poi stravolte a porte chiuse dalla leadership del partito e il regolare iter legis cade a pezzi. Le stesse commissioni proliferano e contribuiscono alla frammentazione delle politiche e alle sovrapposizioni giurisdizionali, con conseguenti inutili duplicati, ritardi e situazioni di stallo prolungato.
In questa situazione stagnante incide poco il ruolo della Corte Suprema, che esamina questioni di diritto e costituzionalità quando i tribunali di grado inferiore sono in disaccordo e ad esempio due stati promulgano leggi opposte su uno stesso tema. E’ formato da soli nove giudici, nominati dal Presidente con il “consiglio e consenso del Senato”, e prende le proprie decisioni al termine di una serie d’incontri a porte chiuse.
Tirando le somme alla nostra analisi vediamo come la politica americana, liberata da passioni e ideologie, sia dominata da oligarchi e fundraisers che perseguono interessi privati, da consulenti e strateghi che incidono senza essere stati eletti, da esperti di comunicazione che muovono l’attenzione dei cittadini, senza alcuna traccia dell’elite illuminata e dell’uguaglianza immaginate dai Padri Fondatori e necessarie alla sana vitalità politica della nazione. Al momento il sistema tiene, complice il primato mondiale e la dimensione imperiale degli Stati Uniti, che utilizzano le più moderne tecnologie per mantenere il controllo, come il datagate seguito alle dichiarazioni di E. Snowden ha svelato al mondo intero. Lo spionaggio informatico, perché è di questo che parliamo, è oggi più esteso e penetrante che mai. Una serie di sistemi informatici ottengono e gestiscono informazioni da almeno nove grandi aziende americane (Microsoft-Hotmail, Google, Yahoo, Facebook, Paltalk, YouTube, Skype, Aol e Apple) attraverso un’unità dell’FBI, mentre l’NSA intercetta i dati trasferiti da un server all’altro di una stessa società. Una seri di programmi intercettano i flussi internet attraverso i punti di entrata ed uscita del territorio statunitense dei cavi a fibra ottica, da cui passa gran parte del traffico globale, mentre con l’aiuto degli altri membri del Five Eyes (Gran Bretagna, Canada, Australia, Nuova Zelanda) e la collaborazione di altri paesi, l’NSA intercetta i cavi sottomarini installando i propri sistemi ...previo indennizzo alle compagnie telefoniche e ai fornitori di accesso ad internet. Dallo spionaggio non restano ovviamente esclusi i satelliti ed una sessantina di stazioni d’intercettazione dei loro segnali sono sparse presso le ambasciate americane nel mondo; anche i telefoni ed i cellulari, memorabile il caso di quello della Merkel, possono essere tenuti sotto controllo. Un’elite di hackers dell’NSA si occupa di cyberspionaggio e secondo Snowden oltre centomila computer nel mondo sono infettati a fini spionistici e per attacchi informatici. Un gigantesca macchina di drenaggio di informazioni, che vengono poi esaminate con un preciso obiettivo strategico: comprendere la direzione che sta prendendo la società di un specifica area del mondo, per conoscere le eventuali minacce e poter agire di conseguenza, tutelandosi, sostenendole o manovrandole.
Nello scacchiere globale gli Stati Uniti si sforzano di mantenere il primato grazie alla supremazia economica e militare, all’incessante diffusione culturale (la globalizzazione), al controllo informatico, ma per poter continuare a difendere la loro autorità geopolitica sarà necessario che spostino lo sguardo anche all’interno dei propri confini. Senza un organo legislativo risanato e produttivo, sarà difficile che siano intraprese strategie valide, sostenibili coerentemente nel tempo, anche oltre il termine della durata del governo. L’iter legis può essere ripristinato limitando gli interessi privati, arginando il potere che i finanziamenti illimitati gli garantiscono, reintroducendo le ideologie dei partiti, cioè il manifesto del legame che deve concretamente esistere fra i rappresentanti del popolo e i bisogni dei cittadini, definendo una volta per tutte i fattori per le quote elettive, snellendo il lavoro delle commissioni, costringendo i congressisti a lavorare più di tre giorni la settimana...
I suggerimenti degli intellettuali che studiano la situazione degli Stati Uniti d’America sono molti, la situazione stessa è chiaramente complessa e insieme drammaticamente opaca, vedremo col tempo come l’America giocherà il mazzo delle carte che tiene in mano.
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