Ottobre 2006
Il Vagabondo
Numero 1 Anno I
pensieri vagabondi su viaggi, letteratura, cinema, musica e tutto ciò che ci passa per la testa
Letteratura
Subcomandante Marcos
Un uomo diviso fra rivoluzione e letteratura
“Tierra y libertad! ...Zapata vive!”. All'alba del 1° gennaio 1994 queste parole risuonano in Messico e rimbalzano sulla stampa internazionale: guerriglieri usciti dal nulla hanno occupato in piena notte quattro città del Chiapas, nelle montagne del sudest messicano. Dicono di chiamarsi EZLN, Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, e dichiarano solennemente guerra all'esercito messicano esigendo: terra, educazione, dignità, giustizia, libertà e democrazia. Sono insorti armati agli ordini di una comandancia civil, rivoluzionari che non vogliono conquistare il potere ma solo la democrazia. Coloro che passeggiano in quelle strade si mescolano agli insorti: uomini, donne, alcuni quasi bambini. Sono gli indigeni venuti dalla montagna, con la forza dei loro fucili, del loro coraggio e della non-rassegnazione che gli riempie gli occhi, ad appropriarsi della città per farsi vedere, farsi capire e gridare: "Ya basta!" ad un governo che non li riconosce.
E proprio delle sue parole vogliamo parlarvi: di quelle contenute nei “Racconti per una solitudine insonne”. Si tratta di una raccolta di favole e storie tratte dalla mitologia e dalle tradizioni maya, inserite in cornici talvolta immaginarie ed esilaranti, talaltre realistiche della vita fuggiasca nella foresta. In questi brani incontriamo il Sup avvolto dal silenzio serale della selva Lacandona, occupato a scrivere lettere o a guardare la pioggia, fino all’arrivo di nuovi e vecchi amici con cui trascorrere qualche ora parlando della situazione e degli equilibri socio-politico-economici internazionali. I timori s’intrecciano alle speranze di cambiamento ed alla certezza della vittoria, della possibilità di un mondo migliore in cui ciascuno abbia l’opportunità ed il posto per condurre una vita serena e rispettata.
Nella folla, un solo bianco, con il passamontagna, attira i curiosi. Dice di chiamarsi subcomandante Marcos: è il capo militare dell'operazione, lo stratega ed il portavoce del movimento. Ma anche di più: è l’interprete ed il messaggero degli indios in rivolta, colui che ha saputo lasciarsi penetrare dall'esperienza e dall'immaginazione di queste persone ed ha trovato le parole per raccontarle.
Ed ecco entrare in scena l’espediente utilizzato da Marcos per mantenere la sua prosa scorrevole ed accattivante: semplici favole per esemplificare le grandi tematiche dell’uomo, dell’etica e della convivenza. Una parte di queste vede come protagonisti animali ed oggetti antropomorfi: dal maialino schizofrenico che vorrebbe essere un coccodrillo, ai lacci rosa di un eccentrico paio di scarpe, ad un cavallo baio che salta da un racconto all’altro! La memoria letteraria ci riporta agli esempi antichi di Esopo e di Fedro, le cui brevi opere presentavano simili personaggi con spunti umoristici e commenti di saggezza morale; anche se nel nostro caso il tono cessa di essere amareggiato per farsi silente od ottimista: quasi l’autore volesse con questo mettere una marcia in più alla morale delle sue storie ed invogliare ulteriormente i lettori a fare uno sforzo di coscienza verso l’obbiettivo di un mondo equo e solidale.
Altri brani della Raccolta si rifanno più direttamente alle tradizioni locali ed alle parole degli “gli anziani più anziani” dei villaggi, e narrano le vicende dei primi dei, i creatori del mondo, e di come questi siano divenuti saggi capendo, ad esempio, l’importanza del saper ascoltare gli altri, condizione indispensabile al dialogo fra i popoli. Attraverso queste ultime storie Marcos colora l’intero spettro dell’antica cultura degli indios con le sfumature della tenacia, della costanza e della fermezza, ma anche del desiderio di convivenza pacifica e di progresso collettivo. L’amore sgorga parallelo alla lotta degli Uomini Veri contro il Male ed il Malvagio che un tempo vivevano nell’oscura notte ed oggi “si mettono in mostra e reggono anche il governo”: “raccontano gli anziani più anziani che i primi déi scelsero un gruppo di uomini e donne perché cercassero il male e il malvagio in tutto il mondo e li cacciassero via in un posto lontano. Raccontano anche che, perché nessuno lo venisse a sapere, nascosero la grandezza di questi uomini e donne in corpi molto piccoli e li dipinsero di scuro perché si muovessero senza paura di notte e perché di giorno fossero terra della terra. E perché non dimenticassero che la notte era stata la madre, l’origine e la dimora e il luogo naturale dei primi déi, diedero loro delle maschere nere, affinché non avessero più un volto e anche di giorno conservassero un brandello di notte nella loro memoria”.
Degni di nota sono infine i due personaggi che condividono la cornice col Sup: il vecchio Antonio, che rappresenta il lato indigeno della sua cultura, e Don Durito della Lacandona, espressione della cultura occidentale. Al termine di un viaggio quasi onirico attraverso la mitologia degli indios e le favole-aneddoto, il lettore non potrà non sentirsi arricchito dalla comprensione del messaggio che sottende le travagliate vicende del movimento zapatista: una proposta ed una concezione del mondo basate su secoli di tradizioni, su costumi pacifici e sulla forte identità culturale che ha garantito a questi popoli la sopravvivenza al passato colonialismo spagnolo ed all’attuale neocolonialismo statunitense.