Numero 2 Anno I
pensieri vagabondi su viaggi, letteratura, cinema, musica e tutto ciò che ci passa per la testa
Cinema
Babel
Viviamo in una gigantesca babele di incomunicabilità
Marocco, Messico, Giappone. Che cosa hanno in comune questi tre paesi? All’apparenza nulla, a parte essere le tre location scelte da Alejandro Gonzalez Inarritu per far muovere i personaggi del suo nuovo film: Babel. Diversi paesaggi, diverse fisionomie, diversi suoni e colori, diverse usanze e modi di comunicare: un’enorme torre di Babele chiamata Terra dove gli uni non riescono a farsi capire dagli altri. Ma guardando lo svolgersi del film, ci si rende conto che la mancanza di comunicazione va ben al di là delle semplici differenze linguistiche, è qualcosa di più profondo, di più radicato, di più preoccupante. E questa enorme torre di incomunicabilità non nasce da divergenze culturali, razziali, religiose ma affonda le sue radici molto più semplicemente nel nostro quotidiano: padri con figli, mogli con mariti, cittadini con forze dell’ordine, parenti, giovani coetanei, nessuno capisce più nessuno e intorno si genera il caos.
E’ una tesi forte quella sostenuta dal regista messicano, ma non senza fondamento, anzi! In un mondo ormai lanciato verso una globalizzazione economica e una globalizzazione umana, l’importanza del singolo sta sempre più scomparendo per lasciare spazio al tutto, all’omologazione. Essere diversi diviene quindi una macchia capace solo di creare riso ed emarginazione; è il caso della ragazza giapponese, sordomuta a Tokyo, una metropoli dove tutto è rumore e casino dalle strade ai videogiochi, dai bar alle discoteche. Lei, in assoluto uno dei personaggi più dolenti dell’intera pellicola, chiede solo di essere accettata dai suoi coetanei e, pur di ottenere un po’ di calore umano, è disposta a concedere se stessa a tutti, in un crescendo di solitudine e disperazione. Oltre a lei, altri bambini, altri ragazzi si trovano davanti al muro che li separa dal mondo degli adulti e cercano di urlare forte per superare lo sbarramento, per far udire la loro sofferenza, ma nessuno dall’altra parte sembra recepire e quando recepisce è ormai troppo tardi. Come il padre marocchino che crea gelosie fra i due figli maschi e si accorge di quanto gli vuole bene solo quando non c’è più nulla da fare.
Questa umanità alla deriva è fatta di tante persone che chiedono aiuto, rispetto, tolleranza. E mentre una giovane coppia americana troverà tutto questo in un piccolo villaggio nel deserto, da persone umili e ancora capaci di gesti nobili e umani; il povero messicano troverà solo diffidenza e disprezzo al passaggio della frontiera con gli Stati Uniti, dove sta tornando per riaccompagnare la zia e i due piccoli yankee di cui lei è la bambinaia. Una forma di superiorità disgustosa che proviene da quelle persone in divisa che dovrebbero rappresentare garanzia e sicurezza e molto spesso invece si fanno portavoce di arroganza e discriminazione: da forze dell’ordine a forze del disordine il passo è breve.
Un film forte, potente, capace di fare riflettere e di porci interrogativi inquietanti: dove andremo a finire di questo passo? Riusciremo a colmare questo vuoto che si sta creando fra il singolo e il mondo che ci sta attorno? Riusciremo a eliminare la Babele di incomunicabilità che i nostri tempi frenetici e spersonalizzanti hanno creato? Difficile rispondere, ma basta guardarsi in giro con occhi bene aperti per avvertire l’urgenza di reagire, l’urgenza di smettere di costruire macerie.
Altre visioni:
"Fur", storia fantastico-biografica della famosa fotografa dei freaks, Diane Arbus, racconta la presa di coscienza della protagonista di fronte alle diversità fisiche dei personaggi che irrompono nella sua vita, sconvolgendola per sempre. Un film toccante e ispirato che mescola poesia e lirismo, humour e passione.
"L’amico di famiglia" è Geremia, un usuraio dalla natura ambigua e dall’aspetto repellente; si presenta come un amico per poi trasformarsi nel peggiore degli incubi, dimostrando un unico attaccamento viscerale: quello verso i soldi; fino a che si innamora di una bellissima ragazza. Un film duro e sordido, ma assolutamente da non perdere.