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Il Vagabondo

Gennaio - Febbraio 2014

Numero 32 Anno IX

pensieri vagabondi su viaggi, letteratura, cinema, musica e tutto ciò che ci passa per la testa

Attualità

Lilio Giannecchini

Storia di un partigiano senza la tessera dell'ANPI!

Lilio Giannecchini è un partigiano, conosciuto con il nome di battaglia di Toscano. Nato nel 1925 vicino a Lucca, ha cominciato a lavorare nel 1941 nello stabilimento Ansaldo Meccanico di Genova e, dopo l’8 settembre 1943, come tanti suoi coetanei, ha preso la via delle montagne per combattere l’occupazione nazifascista. Ha rischiato tante volte la morte come vice comandante della brigata Oreste, durante le azioni di guerriglia condotte fra le alture genovesi e del basso Piemonte. Ed ha avuto la fortuna e il privilegio di poter tornare nel capoluogo ligure, finalmente liberato dall’usurpatore ormai sconfitto. In un documento firmato di suo pugno ricorda che “tutto ciò l’ho fatto con spirito di Libertà e Giustizia sociale, non so se ne sia valsa la pena, ma un giovane di 20 anni è orgoglioso di aver partecipato a questa lotta per la Libertà”. Terminata la guerra, ha vissuto per anni, insieme alla donna che amava, nella città che lo aveva visto protagonista di tanto eroismo. Poi, finito l’amore, ha fatto ritorno a Lucca, dove si è occupato di allestire  l’Istituto Storico della Resistenza  per tenere vivo  fra i giovani il 

ricordo di quegli anni e quelle gesta gloriose. Purtroppo però la sua città natale non gli regalato una tranquilla vecchiaia, anzi tutt’altro. Una serie di eventi, fra cui un fuori onda rubato in cui afferma di aver sterminato molti tedeschi, lo portano a una grave sanzione da parte del presidente dell’ANPI nazionale Carlo Smuraglia: la sua tessera viene sospesa per un anno. Lilio non perde occasione per polemizzare contro un provvedimento a suo dire ingiusto, perché lo priva di un simbolo che ha contribuito a far nascere e che ha difeso e divulgato per tutta la vita. Ma un anno passa in fretta e così Lilio si ritrova ad aver scontato la sua pena, di nuovo libero di appartenere all’associazione che raccoglie tutti i partigiani. Nel frattempo però sono successe altre cose: un vile pestaggio di probabile stampo fascista, alcuni screzi con le autorità locali, insomma nella sua città natale si è creato un clima affatto favorevole all’anziano partigiano. Ed è per queste ragioni che il quasi novantenne comandante Toscano decide di chiedere la tessere dall’ANPI non a Lucca ma a Genova, città a cui sono legati la sua giovinezza e i suoi trascorsi partigiani. In fin 

dei conti pare una richiesta normale e plausibile, ma qualcosa si è inevitabilmente incrinato nei rapporti fra Lilio e il gruppo dirigente dell’associazione. A nulla valgono i tentativi di varie sezioni di accoglierlo, ogni richiesta viene respinta da una fredda burocrazia che impedisce di tesserare chi non possa partecipare attivamente alla vita della sezione. Per uno che vive a Lucca ed ha ottantotto primavere sulle spalle sembra uno scoglio insormontabile.  Ma  allo stesso modo viene congedata sia dal direttivo provinciale genovese che da quello nazionale, la proposta di concedere a Lilio una tessera Ad Honorem, per i suoi innegabili meriti in tempo di guerra. Nemmeno se questa viene giustificata oltre che dall’appartenenza del Toscano ad una brigata locale, anche dal fatto di aver iniziato la sua attività lavorativa proprio nello stabilimento meccanico che adesso intende annoverarlo fra i suoi iscritti. Tutto inutile. Tutto si infrange contro il muro di gomma alzato contro l’ultimo desiderio di un vecchio partigiano: morire con in tasca la tessera dell’ANPI, rilasciata dalla città dove ha rischiato la vita per inseguire un ideale di libertà e giustizia. Tutto sembra molto strano: l’ANPI che rifiuta un partigiano pare un ossimoro stravagante. Eppure è così e cosa ci sia dietro, a parte una serie di severe applicazioni del regolamento, è difficile a dirsi. Probabilmente Giannecchini ha parlato troppo, si è fatto troppi nemici e per questo non gli si può accordare quanto vorrebbe ottenere. Quello che resta alla fine dei conti è un vecchio partigiano, ormai malato, senza la sua tessera in tasca. Con tutto il rispetto che abbiamo dell’ANPI,  di ciò che rappresenta  e  dei valori  che preserva,  forse  questa faccenda  poteva 

essere gestita meglio. Perché perdonare e scordare gli screzi del passato è proprio dei grandi uomini. E in questa occasione ci sarebbe stato bisogno di quel tocco di umanità e grandezza che spazza via ogni polemica e la trasforma in un gesto di semplice altruismo.

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