Il Vagabondo
Gennaio - Febbraio 2014
Numero 32 Anno IX
pensieri vagabondi su viaggi, letteratura, cinema, musica e tutto ciò che ci passa per la testa
Altri viaggi
St Gréé di Viola
Un rifugio ad un'ora e mezza da casa
Una serie di curve risalgono mille metri in altezza, attraversano paesini silenziosi e dall’aria un po’ abbandonata, superano la fedele pizzeria di Walter - che incredibilmente è piena ogni fine settimana - e raggiungono un luogo che genera emozioni contrastanti. Siamo in montagna, attorno a noi boschi, prati e piste da sci; all’orizzonte la catena dell’arco alpino e il Monviso che svetta fra la foschia della pianura. Il silenzio e il riposo. E’ un luogo silenzioso, abbandonato dall’uomo e circondato dalla natura. Nessun rumore di civiltà è udibile per ore e ore: qui solo una famiglia continua a vivere, per il resto nessuna traccia di presenze umane né dalle finestre, né sulla strada. Solo ogni tanto passa l’auto di qualcuno che ha voglia di fare il giro largo per andare a casa, o un mezzo spartineve a ripulire la via. Tutto è
immobile ed immutato da anni. L’aria fresca chiama lunghi respiri profondi, il tepore del sole richiama fuori dalle coperte per la solita passeggiata... il resto è soltanto riposo, ozio e nulla più. Il tempo non scorre, l’orologio sulla parete in cucina è fermo e i nostri strumenti per misurare il passare delle ore sono abbandonati in qualche angolo di casa, non avendo nessuna utilità quando siamo qui. Luce e buio scandiscono a grandi linee le nostre azioni: dormire, mangiare, leggere, rilassarsi, giocare, uscire per far quattro passi...e ancora rilassarsi, mangiare, giocare, dormire... ricaricando il corpo e lo spirito come solo in un eremo solitario è possibile fare. Senza distrazioni: nessuna forma di tecnologia oltre la stufa, il frigo, la calderina e l’impianto a bombola del gas... Solo noi, il nostro rifugio e la natura intorno.
L’esplorazione. Il grande albergo giace alle spalle del paese, deserto e devastato dal lento trascorrere degli anni. Le sue camere ristagnano immobili e ancora intatte oltre le deboli porte di legno: mobilio completo coperto da una patina di polvere, tende ancora appese alle finestre, tappeti in bagno e coperte negli armadi, e suppellettili lasciate appoggiate in giro come se
un’evacuazione d’emergenza avesse costretto gli abitanti ad una fuga improvvisa, senza nessuna futura possibilità di tornare a riprendere quanto abbandonato. Sembra l’atmosfera di una realtà postapocalittica, è un po’ come immagino le case di Chernobyl, dove il tempo si è fermato di colpo e da quel tragico giorno nessuno ha più potuto fare ritorno. Il letto è preparato, il posacenere è sul tavolo e il portachiavi appeso vicino all’ingresso, ma solo il silenzio e qualche scricchiolio della struttura abitano le stanze. La zona comune, dove un tempo si accendeva la vita, con centinaia di sciatori colorati o di villeggianti estivi con frotte di bambini, si sviluppa accanto all’hotel, e lo collega all’arrivo delle piste e dei sentieri. Vagando fra i vari ambienti, su strati di vetri infranti, tornano i ricordi negli occhi di chi era stato qui trent’anni fa: le scale mobili e gli ascensori sempre in movimento oggi sono trappole mortali, nel ristorante e nella pizzeria dove ci si rifocillava dopo giornate di sport e animazione ora rimbombano i nostri passi, mentre le nostre
immagini si riflettono negli specchi della palestra ancora affissi alle pareti. La discoteca ricorda un mondo subacqueo, forse per le piastrelline che ne ricoprono i divanetti in pietra, forse per la luce opaca e soffusa che filtra da finestre lontane, e non c’è più traccia del mixer e delle luci strobo che facevano divertire i giovani di ieri. Nel minimarket resistono spettrali carrelli, che qualcuno ha lanciato anche lungo i corridoi, fra pile di vecchi depliant e adesivi della realtà che fu.
La lenta rinascita. Negli ultimi tempi però qualcosa è cambiato, uno spirito di rinnovamento ha soffiato sul paese e ha portato alla ricostruzione di un impianto di risalita e alla sistemazione di un paio di piste. La gente sta tornando, piano piano, a trascorrere qualche fine settimana a sciare, e le risate dei bambini che giocano risuonano di nuovo allegre sulla neve. Lungo le strade sono tornate le auto e lungo i sentieri alcuni si muovono con le ciaspole appena affittate strette ai piedi. Si rincontrano vecchi amici delle compagnie che furono, quando si veniva in villeggiatura anche tutta l’estate. Due bar e un rustico agriturismo aprono le porte e rifocillano con i prodotti del territorio e forse da queste parti una crisi lunga vent’anni sta finalmente finendo. Nel paese sottostante, la rosticceria non ce l’ha fatta, ma l’emporio resiste... e chissà che non riaprano nuove e vecchie attività commerciali e artigianali. Però alla sera il silenzio avvolge ancora completamente questi luoghi, e la calma totale - che tanto affascina chi come me qui cerca la pace - torna a regnare incontrastata. D’accordo, che ritorni pure un po’ di vitalità, va bene, a patto che la tranquillità non ne sia turbata e la quiete e il riposo restino la peculiarità di Viola St. Gréé.
Scopri come è cambiata Viola St. Gréé negli ultimi anni e cosa propone oggi agli amanti della montagna: